A few days are left to a watershed event that could reshuffle cards
within Italian party politics. Matteo Renzi’s outliving seems to be depending
on the confirmation of the constitutional amendments on a national referendum
expected for the next 4 December. The question at stake is crucial. Not only
the constitutional reform has been promoted by his Democratic Party-led
government, but Mr. Renzi has been standing up in first person for the past
three years, both seizing the spotlight and grabbing the main political
debates. The resulting sense of open personalization would entail – in case of a
failure, that is a NO-vote victory – if not an immediate resignation, just an
attempt to go on after broad agreements with other main forces in Italian party
politics, Silvio Berlusconi’s Forza Italia in
primis, according to rumours.
Politologando. Riflessioni politologiche
sabato 3 dicembre 2016
venerdì 5 agosto 2016
Gramsci, Manzoni e mia suocera. Quando gli esperti sbagliano le previsioni politiche
Scritto nel 2011, dopo il successo
del “sì” ai quattro quesiti referendari su acqua pubblica, nucleare e legittimo
impedimento, questo libretto di Ilvo Diamanti (Gramsci, Manzoni e mia suocera. Quando gli esperti sbagliano le previsioni politiche, Il Mulino, 2011) suona come un j’accuse nei confronti di un certo approccio,
impostosi negli anni come dominante nella disciplina politologica. La tesi di
fondo, come suggerisce il sottotitolo, muove dalla presa d’atto che la scienza
politica, sapere specialistico fondato sull’osservazione dei fenomeni e sulla
formulazione di ipotesi da verificare empiricamente, non sempre azzecca le «previsioni».
Chiaramente, in questa sede diamo per scontato che le «previsioni» formulate nell’ambito
delle scienze sociali non possono minimamente essere associate a quelle
elaborate dalle scienze «fisiche». Come spiega bene Angelo Panebianco in un
saggio del 1989[1], rifacendosi
ad Hempel, le previsioni delle scienze sociali non sono altro che «generalizzazioni
su base statistica» (del tipo: se A, allora B nel 70% dei casi) e quindi più
assimilabili a induzioni di tipo probabilistico.
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martedì 2 agosto 2016
Quel trade-off che separa i sedicenti o presunti esperti dagli scienziati sociali
Nella seconda metà dello scorso
mese di luglio ho avuto modo di assistere ad alcune discussioni su Facebook fra
presunti, sedicenti o effettivi esperti di questioni turche. Una ridda di
commenti sulla bacheca di uno, poi su quella di un altro e quindi su quella di
un altro ancora. Oggetto del contendere: le interpretazioni riguardo agli
eventi legati al fallito colpo di Stato ai danni del legittimo Governo a guida
AK Parti e del Presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan. Con la riflessione
che segue non intendo minimamente addentrarmi nel merito della questione. Non
mi interessa: l’ho già fatto in maniera ampia in almeno un paio di occasioni,
utilizzando spazi più «istituzionali» e meno «dispersivi» di un social network
qual è Facebook, ove chiunque, non
unicamente gli esperti, è invitato democraticamente
a commentare[1].
mercoledì 27 aprile 2016
Una democrazia possibile
(recensione al libro di Marco Almagisti, Una democrazia possibile. Politica e territorio nell'Italia contemporanea, editore Carocci, 2016. Già apparsa sul sito web dell'Istituto di Politica e disponibile al seguente link: http://www.istitutodipolitica.it/wordpress/2016/04/27/quando-e-la-storia-che-spiega-lattualita-politica-libreria-linnovativa-ricerca-di-marco-almagisti/).
Come sono cambiate le principali culture politiche italiane nel passaggio
dalla Prima alla Seconda Repubblica? Come sono sopravvissute sino ad oggi? Sotto
quale forma si presenta il capitale sociale oggi? Mediante quali criteri una
democrazia di qualità può essere definita tale? E’ possibile parlare di
democrazia di qualità con riferimento al caso italiano? Sono questi solamente
alcuni dei quesiti di fondo che hanno mosso l’intensa attività di ricerca del
politologo Marco Almagisti negli ultimi quindici anni e che vedono raccolti i
suoi sforzi in quest’ultimo lavoro intitolato Una democrazia possibile. Politica e territorio nell’Italia
contemporanea (Carocci, 2016). Ispirandosi ai lavori pionieristici sulla
cultura politica e sul capitale sociale, quale ad esempio l’opera di Putnam
(Mondadori, 1993) sul rendimento istituzionale delle regioni italiane – in base
a cui le differenze di rendimento istituzionale di regioni italiani diverse,
pur adottando simultaneamente a partire dal 1970 il medesimo sistema
istituzionale, andrebbero attribuite a tradizioni storico-politiche che
affondano le proprie radici nell’esperienza comunale del Medioevo italiano –
l’autore focalizza l’attenzione sul concetto di «capitale sociale» come
principale fattore esplicativo e presupposto empirico per una democrazia di
qualità. Ricorrendo alla metodologia di ricerca tipica della politologia
storica, Almagisti tenta di spiegare elementi di continuità e di discontinuità
riguardanti il voto, le tradizioni e le pratiche politiche, i riti collettivi,
l’organizzazione della società e delle attività economiche nel passaggio dalla
nascita del Regno d’Italia, passando per il periodo fascista e dal Secondo
dopoguerra ai giorni nostri – con riferimenti storici anche alle vicende
dell’Italia pre-unitaria. La sua riflessione parte dalla presa d’atto che per
studiare i fenomeni politici contemporanei sia necessario superare la diffusa
tendenza di certa politologia al «presentismo», approccio che ritiene di poter
spiegare gli eventi politici contemporanei rinunciando ad un’analisi inserita
in una dimensione storica, per recuperare pienamente un tipo di ricerca
storiografica che cerca anche nel passato le spiegazioni dei fenomeni del
presente. E’ così che al centro della sua analisi vengono poste le cosiddette
«subculture politiche territoriali», ritenute significative nel dar conto
dell’evoluzione delle tendenze del panorama politico italiano, la Toscana
«rossa» ed il Veneto «bianco». Richiamandosi alla definizione di Carlo
Trigilia, per «subcultura politica territoriale», Almagisti intende «”un
particolare sistema politico locale, caratterizzato da un elevato grado di
consenso per una determinata forza e da una elevata capacità di aggregazione e
mediazione degli interessi a livello locale” che si esprime in una fitta rete
istituzionale (partito, Chiesa, gruppi di interesse, associazioni
assistenziali, culturali e ricreative) coordinata dalla forza dominante» (p.
83).
martedì 19 aprile 2016
I sistemi elettorali. Appunti per una lezione accademica
«Le elezioni sono l’istituzione che
definisce la democrazia moderna» [Katz 1997].
«Le elezioni sono procedure
istituzionalizzate per la scelta di rappresentanti selezionati fra alcuni o
tutti i membri ufficialmente riconosciuti di una organizzazione» [Rokkan 1970,
traduz. it. 1982, p. 231].
«Le elezioni sono un mezzo per
istituire una competizione per una carica pubblica e per valutare l’operato del
Governo in carica» [Hague & Harrop 2011, p. 157].
Le elezioni sono meccanismi
congegnati per tradurre i voti in seggi, cioè in cariche pubbliche. Le
definizioni riportate qui sopra fanno riferimento prevalentemente alle elezioni
che avvengono in sistemi democratici. Una previsione come nella citazione tratta
dal manuale di Hague e Harrop presenta almeno due concetti che pare difficile
affibbiare ad un modello di regime non democratico. Gli attributi della
“competizione” e della “valutazione dell’operato del Governo” (attività che
avviene nei Parlamenti per compito di un’opposizione responsabile[?]) sono
infatti tipici delle democrazie ed in particolare delle democrazie liberali. Essi,
peraltro, qualificano una democrazia di qualità: la “valutazione dell’operato
del Governo” rinvia, necessariamente, al concetto di «accountability interistituzionale» (Almagisti 2016) che costituisce
una delle dimensioni di variazione della qualità democratica.
A tutt’oggi, nella maggior parte
delle democrazie viene adottato il suffragio universale che ha esteso il
diritto di voto a tutti i cittadini senza distinzioni di sesso, razza, censo,
opinioni politiche, ecc., con l’unico limite dato da un criterio anagrafico:
occorre aver compiuto 18 anni per recarsi alle urne ed esprimere il voto.
Questo aspetto è comunemente noto come universalità
del voto.
giovedì 12 novembre 2015
La democrazia senza partiti
(recensione al libro di Damiano Palano, La democrazia senza partiti, Edizioni Vita & Pensiero, 2015. Già apparsa sul sito web dell'Istituto di Politica e disponibile al seguente link: http://www.istitutodipolitica.it/wordpress/2015/11/05/una-democrazia-senza-partiti-sullultimo-libro-di-damiano-palano/)
Qual è lo stato di salute dei
partiti nei regimi democratici? Che grado di legittimità riscuotono all’interno
della società? Che parabola hanno seguito e quale bilancio è possibile tracciarne?
Sono questi i quesiti di fondo a cui il nuovo libro di Damiano Palano tenta di
rispondere. Come ricorda Norberto Bobbio, fin dalla loro nascita – databile fra
la fine dell’Ottocento e gli inizi del secolo scorso – i partiti sono concepiti
come strutture fondamentali per l’aggregazione delle domande provenienti dalla
società, quei corpi intermedi la cui funzione viene talmente magnificata al
punto che per lungo tempo vengono considerati indispensabili per la
sopravvivenza stessa della democrazia. Fotografati inizialmente come strutture
oligarchiche – secondo la celebre definizione di Robert Michels – i partiti si
celano in realtà dietro ad una facciata di apparente democrazia. Secondo Max
Weber, che per primo osserva il tramonto del «partito di notabili» e l’avvento
del «partito di massa», grazie alla loro progressiva «burocratizzazione», i
partiti finiscono per esprimere un ceto di veri e propri «professionisti della
politica» e di leader carismatici in grado di controllare sempre più il
consenso grazie al cosiddetto «potere della cricca», un preludio all’avvento
della democrazia plebiscitaria.
mercoledì 21 ottobre 2015
La scienza politica. Per una distinzione rispetto alla filosofia politica a partire da una preliminare lettura di Giovanni Sartori
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