giovedì 12 novembre 2015

La democrazia senza partiti

(recensione al libro di Damiano Palano, La democrazia senza partiti, Edizioni Vita & Pensiero, 2015. Già apparsa sul sito web dell'Istituto di Politica e disponibile al seguente link: http://www.istitutodipolitica.it/wordpress/2015/11/05/una-democrazia-senza-partiti-sullultimo-libro-di-damiano-palano/)
Qual è lo stato di salute dei partiti nei regimi democratici? Che grado di legittimità riscuotono all’interno della società? Che parabola hanno seguito e quale bilancio è possibile tracciarne? Sono questi i quesiti di fondo a cui il nuovo libro di Damiano Palano tenta di rispondere. Come ricorda Norberto Bobbio, fin dalla loro nascita – databile fra la fine dell’Ottocento e gli inizi del secolo scorso – i partiti sono concepiti come strutture fondamentali per l’aggregazione delle domande provenienti dalla società, quei corpi intermedi la cui funzione viene talmente magnificata al punto che per lungo tempo vengono considerati indispensabili per la sopravvivenza stessa della democrazia. Fotografati inizialmente come strutture oligarchiche – secondo la celebre definizione di Robert Michels – i partiti si celano in realtà dietro ad una facciata di apparente democrazia. Secondo Max Weber, che per primo osserva il tramonto del «partito di notabili» e l’avvento del «partito di massa», grazie alla loro progressiva «burocratizzazione», i partiti finiscono per esprimere un ceto di veri e propri «professionisti della politica» e di leader carismatici in grado di controllare sempre più il consenso grazie al cosiddetto «potere della cricca», un preludio all’avvento della democrazia plebiscitaria.